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Dall’analisi di scenario al Programmatic
Advertising: ecco cosa non deve mai
mancare in una strategia marketing!

“Il cliente ha sempre ragione”. Questo vecchio adagio, ripetuto da sempre in tutti i bar e ristoranti del mondo, può essere tranquillamente traslato nel mondo digital. Un mondo in cui i Social Media Manager, accomunati da pragmatismo, leadership e lungimiranza, hanno una qualità non comune: riescono ad intercettare il target più opportuno. Non solo grazie a tool analitici come Insight, Facebook e Twitter Ads, Google Adwords e altri tool simili che sono, in pratica, il loro pane quotidiano. Ma soprattutto con modalità e strumenti che è fondamentale conoscere.

1. Analisi di scenario

  • Prima di tutto è necessaria un’analisi di scenario, prendendo due punti cardine: il mercato di riferimento (e l’ampiezza dello stesso) su cui ci si vuole concentrare. Dal tipo di target che si sceglie, si possono capire le policy aziendali da adottare in fase di definizione del prezzo del prodotto. Se un prodotto è top level occuperà inevitabilmente le posizioni più alte in classifica. Al contrario, se non lo è, avrà una diversa collocazione;
  • competitor diretti. O meglio: come i competitor agiscono, interagiscono e pianificano le loro strategie con lo stesso target che anche io voglio fidelizzare. Bisogna studiare tutto quello che riguarda i competitor: i movimenti, i punti di forza e debolezza, gli stili, la mission, le campagne di maggior successo e gli epic fail;

2. Target

Passo successivo è la definizione del target, che deve essere a 360°. Innanzitutto bisogna raccogliere i dati demografici (esistono analisi dettagliate, e rilasciate ogni anno, dei più autorevoli istituti di ricerca italiani e stranieri). In secondo luogo è necessario studiare i comportamenti del consumatore online e offline: quali sono i suoi gusti, abitudini, aspirazioni, problemi, ma anche come utilizza i social, cosa posta, quanto posta, quanti like mette, quali influencer e celebrità sceglie di seguire e a quali eventi partecipa più di frequente. In due parole, quella che tutti conosciamo come: consumer journey

3. Aree di intervento tra tradizione e nuove frontiere:

  • Marketing emozionale
    Già ampiamente diffuso, è riemerso negli ultimi anni. Da sempre, infatti, viviamo di emozioni. E mai come oggi i consumatori vogliono vivere un’esperienza che va oltre l’acquisto. Desideriamo diventare parte integrante dei progetti delle marche, amiamo sentirci protagonisti, non possiamo stare senza condividere e raccontare quanto abbiamo vissuto. Questo per quanto riguarda l’empatia del consumatori.
    Ma anche per quanto riguarda il loro rapporto con il brand, i consumatori sviluppano un certo tipo di atteggiamento. Se il brand non interessa il problema non si pone perché viene skippato più in fretta di una adv su YouTube. Se invece il brand incuriosisce e attrae in qualche modo, allora è diverso. E’ come se entrassero in gioco le dinamiche del corteggiamento (a tal proposito guardate il video qui sotto per capire come è cambiato il rapporto tra adv e consumer). Accantonando per un attimo il video e tornando al corteggiamento tra consumatore e brand è come se il consumatore vestisse i panni di una donna che, pur sapendo di amare (o almeno di essere fortemente interessata) al brand (l’uomo), all’inizio lo tiene un po’ sulle spine, gioca a fare tira e molla perché, come ogni donna, vuole sentirsi coccolata, amata, protetta. Allo stesso modo il cliente sposerà il brand solo quando si fiderà totalmente di lui. Ma non finisce qui. Perchè il brand, per guadagnarsi la fiducia incondizionata del cliente, dovrà continuare a prendersene cura.
    Insomma: dagli shopper virtuali alle attività di guerrilla marketing (emblematica quella sul finire dello scorso anno con il Palazzo Radetzy ghiacciato il Largo Foppa a Milano). Tutto deve regalare emozionecoinvolgimentovalore. Altrimenti vale meno di zero.
  • Video content marketing
    Importantissima anche l’area dei video contenuti. Lo sa bene chi fa dei video il proprio core business. Non a caso nel 2017 la percentuale di video si attesterà intorno al 70% del traffico totale dedicato ai consumatori, e la fruizione sarà sempre di più da device mobile. E’ di pochi giorni fa, infatti, la notizia che anche YouTube (sulla scia di quanto già sperimentato da Facebook, Instagram e Snapchat, per citare gli esempi più noti e di successo) ha iniziato a trasmettere live. Per il momento solo chi ha almeno diecimila followers può accedere a questa funzionalità, ma l’obiettivo dichiarato è quello di estenderla, presto, a fette sempre più consistenti di consumatori. Capite bene quindi che chi sceglie di non investire in questa area specifica si vuole proprio far del male!
  • Programmatic Advertising
    Last but not least i software di Programmatic Advertising che monitorano, in maniera puntuale, costante e in real time, i comportamenti, le esigenze e le abitudini dei consumatori. In base a queste informazioni i software riescono a comprare e generare annunci pubblicitari (banner) che gli utenti sono più propensi a cliccare e che, quindi, si trasformano in conversioni.
    Banner che si rivelano provvidenziali come un gol al 90° minuto, perché arrivano nel posto giusto e al momento giusto, ovvero esattamente quando il consumatore li vuole vedere. Né prima né dopo. Proprio in quell’istante. Ed è lì che il brand aggancia l’utente e inizia la sua campagna branding. Una campagna che intercetta il target ancora prima che lo stesso inizi la ricerca di uno o più prodotti e servizi. Così facendo il brand riesce in un compito non così scontato: attirare l’attenzione dell’utente nel mare magnum di annunci e/o offerte online.
    Elemento imprescindibile del Programmatic Advertising è sicuramente la SSP, acronimo per Supply Side Platform che pianifica il posizionamento dell’offerta nei vari siti e conosce l’utente che si muove online, sa quindi quante volte al giorno visita un sito, quanto si ferma sul sito o su altri siti simili, che pagine visita e così via.

In conclusione, si può affermare che emozionivideo e Programmatic Advertisng sono assi nella manica per strategie di marketing vincenti. E un bravo Social Media Manager non solo ne conosce alla perfezione caratteristiche, dinamiche e potenzialità, ma sa soprattutto “giocarli” come e quando si deve!

Be Positive!

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